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PREMIO DI POESIA LIONS – EDIZIONE 2021

 

Grazie all’attività di coinvolgimento di sponsor a favore della nostra scuola da parte dell’Associazione ex alunni, anche quest’anno il Lions Club ROMA SISTINA e l’Associazione stessa hanno proposto agli alunni del liceo un bando di gara a premi che ne valorizzi le doti di creatività artistica in poesia, dopo il successo delle esperienze degli anni passati.

Nel ringraziare il Lions Club per l’iniziativa, e l’Associazione ex alunni, sempre presente nella vita della scuola, presentiamo i tre testi vincitori del concorso e i giudizi della Commissione valutatrice, composta da Giuseppe Massara e Massimiliano Biscuso per l’Associazione ex alunni e docenti, Adriana Mascaro, Patrizia Salinari e Domanico Rotella per i Lions e Francesca Vennarucci per il Liceo Giulio Cesare.

 

  1. GABRIELE PICCIONI 3A

 

Quello che ho

 

Con la rapidità di un temporale estivo

te ne vai,

fredda e pungente, una fitta inaspettata,

improvvisa.

 

Della bella stagione non rimane che un ricordo

e calano le ombre.

Il mio mondo s’incupisce e brancolo nel buio.

Sono perso.

 

È mattina, c’è una nuova luce

gioca con le gocce di rugiada sui petali dei fiori

così fresca.

Il temporale non spazza via quei boccioli pieni di vita.

 

Guardò lassù,

t’ho scorto al caldo di un raggio estivo.

Un petalo caduto,

mi tengo dentro il ricordo del fiore appena schiuso.

                                   Un sorriso.

 

"Memoria hospitis unius diei praetereuntis" così Pascal definiva l'uomo nello spazio infinito: ospite di un giorno che subito passa, effimero, fragile nell'eterno ciclo della natura e dei mondi.  Ma pure questa creatura fragile possiede qualcosa: "mi tengo dentro il ricordo del fiore appena schiuso", scrive Gabriele Piccioni. Dopo aver provato il dolore di una perdita e il disorientamento freddo dell'abbandono, sotto cieli di pioggia e sole, la memoria può ridonarci il senso della vita. Con versi limpidi, trasparenti come gocce di rugiada Gabriele ci suggerisce che noi portiamo dentro i petali caduti di coloro che abbiamo amato e perduto: nulla può sottrarci il loro sorriso.

 

 

  1. MATTEO BRANCIA 2G

 

Anteros


Ascoltami Anteros.

Non posso resisterti,

mi persuadi, le tue labbra,

i tuoi capelli, il tuo sorriso,

la tua bellezza mi spacca in due.

Sono vinto per nulla,

sono bastati i tuoi sguardi ad aggiogarmi,

sono perso nell’oblio.

Non riesco ad allentare la tua stretta.

Le tue corde, i tuoi ritardi mi stringono all’obbedienza.

Il mio cuore è in un luogo che io non controllo,

esso sta facendo violenza su di me,

poni fine a questo perenne gioco

e rivela un amore che tieni nascosto.

 

Il mito racconta che Eros per crescere ha bisogno di Anteros, suo fratello, che rappresenta l'amore corrisposto, la vicinanza e la cura. Matteo Brancia, nella sua poesia dedicata ad Anteros invoca una risposta, un disvelamento, una pienezza d’amore che può darsi solo gettando le maschere, smettendo le schermaglie, dando corpo e voce a ciò che si prova. È un componimento caratterizzato dalla felice levigatezza e semplicità degli antichi epigrammi greci, e ci commuove con la freschezza, la grazia e l'immediatezza delle immagini. Un irresistibile invito a vivere e amare senza finzione.




  1. SARA DOSPINESCU 3F

 

31 giugno

 

Ho corso

tutto il giorno

a fatica

scalza i piedi.

Sull’asfalto

Freddo e lucido

Mi sono graffiata,

sull’erba

verdeggiante e rorida

ho provato sollievo,

sulla terra

smossa e instabile

ho creduto di cedere.

Ho corso per scappare

Dal sole cocente

Attraversando cieli d’ovatta

Sono arrivata

Qui

Dove il cielo scroscia

Non smette mai

Non smetterà più.

Ho strappato i vestiti

Pesanti

Fradici

Sono libera ora.

Li ho lasciati

Stesi ad asciugare

Sotto la pioggia

Ottimismo o illusione?

Io corro,

Fuggo anche questo diluvio.

Non c’è sosta

Non c’è meta

Non c’è pace.

Seguo il fiume

E giungerò al mare

Dai riflessi astrali,

Culla per i tormenti.

Ho smesso di correre.

 

Una corsa a perdifiato, “scalza i piedi”, sull’asfalto, sull’erba, sulla terra cedevole: “ho corso” ci dice Sara Dospinescu, ma perché? per scappare dal sole cocente? per giungere dove il cielo scroscia in una pioggia che non avrà mai fine? Per questa corsa “non c’è sosta, non c’è meta e non c’è pace”. La poesia restituisce, attraverso versi brevissimi, il ritmo vertiginoso di questa corsa inappagata, di una fuga disperata e solitaria, che diviene metafora della nostra stessa esistenza, dentro la quale proviamo un senso di sollievo e libertà quando possiamo stendere al sole i nostri vestiti madidi di pioggia e dolore e anelare finalmente “una culla per i tormenti”, il mar

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